Fin dall'antichità e per tutto il Medioevo, Porto San Giorgio era conosciuta come Navale Firmanum o Castrum Firmanorum.

Si presume che il porto di Fermo fosse situato alla foce dell'Ete. L'attuale Porto San Giorgio, un tempo noto come Castel San Giorgio, deve la sua configurazione alla fortificazione della valle del Fosso Rivo, voluta dall’XI secolo dall'Episcopato fermano per proteggere la costa dalle incursioni di pirati e saraceni.

L'attuale insediamento si è sviluppato intorno al primo centro abitato fondato da pescatori veneti o meglio chioggiani che si stabilirono sull'altura Monte Cacciù già nel XI secolo (riscontri in tal senso sono supportati da toponimi e tradizioni marinare); nei documenti risalenti a quel periodo compaiono i primi riferimenti al Castel San Giorgio. Durante il XIII secolo divenne un importante centro commerciale allorché fra Fermo e Venezia si stabilì un'alleanza che favorì lo sviluppo di traffici di merci. Il porto divenne uno scalo sempre più attrezzato e protetto militarmente grazie soprattutto all'azione del podestà di Fermo Lorenzo Tiepolo, futuro Doge di Venezia, che proprio in prossimità del Porto fece costruire la Rocca (che porta il suo nome), per vigilare sul mare e proteggere Fermo dalle incursioni saracene, per questo ruolo di primaria difesa della città di Fermo il Castel San Giorgio sfilava in testa al corteo della Cavalcata dell'Assunta il 15 agosto. 

Risale al 1470 il "Polittico di Porto San Giorgio" di Carlo Crivelli opera commissionata da un nobile albanese tale "Giorgio" di Prenta detto appunto "l'albanese" (parrebbe essere lui il frate orante inginocchiato ai piedi della Vergine del Polittico di Porto san Giorgio), venuto su questa sponda dell'adriatico a causa della pressione dei Turchi ai quali il suo popolo stava fieramente resistendo sotto la guida di Giorgio Skanderbeg detto l'Iscariota. Da Giorgio l'Albanese" ha origine la famiglia Salvadori alla quale la città di Porto san Giorgio sarà indissolubilmente legata in quanto da questa a partire dal XVII secolo, furono avviati i primi lavori di bonifica della spiaggia; su quei "relitti di mare" si sviluppò l'attuale pianta urbana della città. 

L’Autonomia da Fermo

Nel XIII secolo nonostante la condizione di indigenza comune tra contadini, pescatori e artigiani, le caratteristiche economiche e la diversificazione sociale del Porto di Fermo iniziarono a distinguersi dal resto del territorio creando tensioni con il Comune di Fermo. Queste tensioni si trasformarono nel corso dei secoli in una netta distinzione da Fermo, percepito come troppo fedele  - "Firmum Firma Fides, romanorum colonia", come recita il suo motto comunale ma... troppo "fides" -secondo il senso comune dei sangiorgesi- al potere di turno ed essa stessa centro di potere rispetto al restante territorio 

Le guerre di successione tra fine del '700 e inizio '800 aggravarono le condizioni di vita, con passaggi di truppe e requisizioni. Nel 1734, durante la guerra di successione polacca, il Porto di Fermo fu tassato separatamente da Fermo, un evento significativo che anticipò la "Firmana Gravarum" del 1741, con cui il Porto ottenne il diritto di eleggere i propri consiglieri e magistrati, diventando un castello separato da Fermo.

Questo atto importante segnò un passo verso l'autonomia amministrativa, che si rafforzò con la rivoluzione francese e il decreto di Napoleone del 1808, che riorganizzò il Regno Italico e rese Porto di Fermo un Comune autonomo. La sconfitta di Napoleone portò alla caduta del Regno d'Italia e alla temporanea annessione delle Marche al Regno di Napoli.

Nel 1878, grazie all'iniziativa dell'on. Mauro Macchi, abilmente coinvolto da Luigi Salvadori Paleotti Junior, sindaco per molti anni della città, Porto San Giorgio ottenne l'aggregazione della Parrocchia S. Giorgio, definendo gli attuali confini territoriali. 

Alcune curiosità, personaggi, luoghi

Luigi Salvadori jr. dal torrione della sua dimora Villa Marina, costruita senza fondamenta ma con una realizzazione a "zattera", poteva controllare lo stato dei lavori sui "relitti". Nell'ottobre del 1860 a Villa Marina Re Vittorio Emanuele II incontrò l'Ambasciatore Inglese Sir Henry George Elliot che lo informò sul luogo dove di lì a qualche giorno, avrebbe dovuto incontrare Giuseppe Garibaldi cioè Teano.

Nel 1834 Luigi Salvadori jr. sposa Ethelyn Welby figlia di Adlard Welby appartenente ad una ricca e nobile famiglia Inglese trasferitasi a Porto San Giorgio nella Villa Caterina. Dal loro matrimonio nasceranno diversi figli fra i quali Tommaso Salvadori, forse il più importante ornitologo italiano di tutti i tempi: nel 1860 partecipò alla spedizione garibaldina dei Mille con il ruolo di ufficiale medico. Un suo fratello, Giorgio, sposò la cugina Adele Emiliani (figlia di Giacomo Emiliani e Casson Adelaide Welby) ed ebbe cinque figli uno dei quali Guglielmo Salvadori Paleotti (Willie) sposò Giacinta Galletti de Cadilhac (figlia di Arturo Galletti de Cadilhac e Margaret Collier) dalla quale ebbe tre figli: Gladys, Massimo "Max" Salvadori (storico e antifascista) e Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti, più nota come Joyce Lussu : partigiana, scrittrice, traduttrice e poetessa italiana, medaglia d'argento al valor militare, capitano nelle brigate Giustizia e Libertà e moglie in seconde nozze del politico e scrittore Emilio Lussu

Villa Bonaparte

Pensata e voluta da Gerolamo Bonaparte, principe di Montfort ed ex Re di Westfalia comandante dell'esercito del fratello Napoleone, per la moglie Caterina di Würtemberg (è chiamata anche Villa Caterina) sua seconda moglie dopo Elisabeth William Patterson fu commissionata nel 1826 all'ancora giovane architetto Ireneo Aleandri. Gerolamo Bonaparte visse nella Reggia di Porto San Giorgio per meno di cinque anni a causa della confisca da parte della Camera Apostolica avvenuta nel 1831 e venduta alla Famiglia Pelagallo.

Il teatro

Ultimato nel 1817 su progetto dell'architetto Giuseppe Locatelli presenta una pianta rettangolare con facciata in laterizio, sulla quale è apposta una lastra di travertino su cui campeggia il motto "Castigat ridendo mores": "corregge i costumi ridendo" (dovuta al poeta latinista francese Jean de Santeul, indica come la commedia e la satira, spargendo ironia e ridicolo sui vizi e i difetti umani, diano un apporto importante per la riforma dei costumi) delimitato da due mascheroni raffiguranti la tragedia e la commedia 

La piazza del teatro

Restauro ad opera del Professore Architetto Marco Dezzi Bardeschi (ordinario di restauro Architettonico Politecnico di Milano)

Naturale hall, foyer all'aperto per chi frequenta il Teatro, attrezzata con sedili fissi che fungono da barriera al traffico, realizza un grande tappeto centrale che sfruttando il dislivello della strada che scende da Fermo genera un parapetto e diventando quindi sedile finisce in un "pozzo". Sotto scorre il rio Petronilla: con un sistema di pompe l'acqua del Rio in alcune circostanze viene pompata sul parapetto realizzando un rumoroso scorrere verso il Pozzo a valle rafforzando il senso dell'importanza dell'acqua già evidenziato nella Fontana della Libertà al centro della Piazza antistante la Chiesa di San Giorgio Martire dove, oltre all'elogio all'acqua realizzato con delfini e ninfe, si legge: "L'acqua, qui condotta a beneficio del Popolo segna l'auspicio trionfo dell' "IGIENE". 

Nella piazza del teatro affiorano tre teste di serpenti (forze ctonie, vitali nel mondo sotterraneo) materializzati in quattro lampioni. Nel pozzo infine si racconta l'incontro simbolico di due scalate impossibili: quella che propone la discesa verso le viscere oscure della terra e quella che propone l'ascesa al cielo e tenta di raggiungere la luna. I simboli del tempo (la clessidra) e del gioco (i dadi) sono incisi sul parapetto insieme a versi della poesia "Le jet d'eau" di Boudelaire: 

.... Lune, eau sonore, nuit bénie,

Arbres qui frissonnez autour,

Votre pure mélancolie

Est le miroir de mon amour...


... Luna, acqua sonora, notte benedetta, 

alberi tremolanti intorno, 

la vostra pura malinconia 

è lo specchio del mio amore...